Emoticon e emoji come spia della nostra personalità

Alzi la mano chi non ha mai usato le emoticon o emoji sui social network. Sono quelle faccine o simboli che completano i nostri messaggi e che mostrano in modo diretto uno stato d’animo o una reazione, come la faccina che pensa, la faccina che ride (o emoticon smile) e tante altre.

Faccina che Pensa: le più usate

Bene, proprio queste icone possono modificare la percezione che gli altri hanno di noi e influire sulle nostre relazioni sociali. A specificarlo è un lavoro pubblicato su Trends in Cognitive Science, dalla ‘cyberpsicologa’ Linda Kaye, dell’università britannica di Edge Hill, che indica come questa forma di comunicazione fornisca indicazioni per spiare la personalità di chi la usa.
 
Durante un’interazione dal vivo o attraverso video chiamate su Skype o FaceTime, il  linguaggio verbale è rafforzato dalla gestualità, da una comunicazione non verbale come il movimento delle mani, la postura o le espressioni facciali. Quando scriviamo tutto questo ‘non detto’ scompare ma l’uso delle emoji ed emoticon nelle chat è la via più semplice e immediata per sostituire la comunicazione non verbale.

“Il più delle volte – ha detto Kaye – usiamo gli emoji come i gesti, come un modo di valorizzare le espressioni emotive. Ci sono molte peculiarità nel modo con cui gesticoliamo e le emoji sono qualcosa di simile, soprattutto nei differenti modi sul come e perché le usiamo”.

Emoji ed emoticon, ossia l’uso di immagini o combinazioni di caratteri per esprimere parole, concetti e stati d’animo, sono ormai popolari in tutti i sistemi di messaggistica e contrariamente a quello che si pensa spesso, ad usarli non sono esclusivamente i più giovani ma praticamente tutti.

L’uso di simboli e faccine, secondo i ricercatori, sarebbe legato infatti più alla personalità che all’età e l’aspetto più importante è che questi simboli possono influenzare la nostra percezione delle persone che chattano con noi. “Le persone si fanno un’idea su di noi in base a come usiamo le emoji”, ha precisato Kaye. “Bisogna essere consapevoli – ha concluso – che questi giudizi possono differire a seconda del dove o con chi si usa quell’emoji, se ad esempio con persone di lavoro o con la famiglio o gli amici”.

 

Fonte: Ansa.it